Ricorso  della  Provincia  autonoma   di   Trento   (cod.   fisc.
00337460224), in persona del Presidente della Giunta provinciale  pro
tempore dott. Ugo Rossi, autorizzato con deliberazione  della  Giunta
provinciale del 22 febbraio 2018, n. 227 (doc.  1),  rappresentata  e
difesa, come da Scopel, n. 45036 di racc., n. 28466 di rep. (doc. 2),
dall'avv.  prof.  Giandomenico   Falcon   di   Padova   (cod.   fisc.
FLCGDM45C06L736E,  PEC  giandomenico.falcon@ordineavvocatipadova.it),
dall'avv.  Nicolo'  Pedrazzoli  dell'Avvocatura  della  Provincia  di
Trento        (cod.        fisc.        PDRNCL56R01G428C,         PEC
nicolo.pedrazzoli@pectrentoavvocati.it) e dall'avv.  Luigi  Manzi  di
Roma        (cod.         fisc.         MNZLGU34E15H501Y,         PEC
luigimanzi@ordineavvocatiroma.org),  con  domicilio  eletto  in  Roma
nello studio di  questi  in  via  Confalonieri,  n.  5,  telefax  per
comunicazioni 06 3211370; 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato  e
difeso  ex  lege  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,   per   la
dichiarazione di illegittimita'  costituzionale  dell'art.  1,  comma
828, della legge 27 dicembre 2017, n. 205,  «Bilancio  di  previsione
dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il
triennio 2018-2020», pubblicata  nel  S.O.  n.  62/L  della  Gazzetta
Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 2017, 
    per violazione: 
    del titolo  VI  dello  Statuto  speciale,  in  particolare  degli
articoli 79, 80 e 81, e delle relative norme di  attuazione  (decreto
legislativo 16 marzo 1992, n. 268, in particolare articoli 17,  18  e
19); 
    degli articoli 103, 104 e 107 del decreto  del  Presidente  della
Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Statuto speciale  per  la  Regione
Trentino-Alto Adige); 
    dell'art. 8 (in particolare n. 1),  dell'art.  16  dello  Statuto
speciale e delle relative norme di attuazione; 
    del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 266; 
    del principio di leale collaborazione, in relazione all'art.  120
della Costituzione, e dell'Accordo  15  ottobre  2014,  recepito  con
legge 23 dicembre 2014, n. 190, nonche' del principio dell'accordo in
materia  di  rapporti  finanziari  tra  Provincia  autonoma  e  Stato
(articoli 104 e 107 dello Statuto, art. 27  della  legge  n.  42  del
2009); 
    del  principio  di  ragionevolezza  di  cui  all'art.   3   della
Costituzione; 
    dell'art. 81 della Costituzione, anche in  relazione  alla  legge
costituzionale n. 1 del 2012 ed alla legge n. 243 del 2012. 
 
                                Fatto 
 
1. Il contenuto abrogativo dell'art. 1,  comma  828  della  legge  27
dicembre 2017, n. 205 
    L'impugnato art. 1, comma 828 della legge 27  dicembre  2017,  n.
205,  recante  «Bilancio  di  previsione  dello  Stato   per   l'anno
finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il  triennio  2018-2020»,
ha contenuto meramente abrogativo, limitandosi a  stabilire  che  «il
comma 483 dell'art. 1 della  legge  11  dicembre  2016,  n.  232,  e'
abrogato». 
    Tuttavia,  tale  comma   recava   una   specifica   clausola   di
salvaguardia delle competenze della Provincia autonoma. 
    Precisamente, l'abrogato comma 483 dell'art. 1 della legge n. 232
del  2016,  prevedeva,  al  primo  periodo,  che  «per   le   Regioni
Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige, nonche' per le  Province
autonome di Trento e di Bolzano, non si applicano le disposizioni  di
cui ai commi 475 e  479  del  presente  articolo  e  resta  ferma  la
disciplina del patto di stabilita' interno recata dall'art. 1,  commi
454 e seguenti, della legge 24 dicembre 2012, n.  228,  come  attuata
dagli accordi sottoscritti con lo Stato». La disposizione  proseguiva
specificando che, «ai fini del saldo di competenza mista previsto per
la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e  di
Bolzano, e' considerato il fondo pluriennale vincolato, di entrata  e
di   spesa,   al   netto   della   quota   riveniente   dal   ricorso
all'indebitamento»: tale ultima disposizione, tuttavia, non interessa
la presente controversia. 
    Cio' che interessa invece e' che, per effetto di tale abrogazione
il comma 475  della  legge  n.  232  del  2016,  risulta  sicuramente
applicabile, quanto alle  lettere  a)  e  b),  pro  futuro  alle  due
Province autonome e agli  enti  locali  della  Regione  Trentino-Alto
Adige. 
2. Il contenuto delle disposizioni abrogate della legge  n.  232  del
2016 in relazione alla Provincia autonoma di Trento  e  a  suoi  enti
locali. 
    In particolare, il comma 475,  nel  descrivere  analiticamente  e
dettagliatamente  le   sanzioni   per   il   mancato   raggiungimento
dell'obbligo di equilibrio di  bilancio,  menziona  ripetutamente  le
Province autonome e gli enti locali dei territori  provinciali,  alle
lettere a) e b), e  incidentalmente  anche  nella  lettera  d),  come
risulta dal testo che qui si riporta: 
    «475. Ai sensi dell'art. 9, comma  4,  della  legge  24  dicembre
2012, n. 243, in caso di mancato conseguimento del saldo  di  cui  al
comma 466 del presente articolo: 
        a) l'ente locale e' assoggettato ad una riduzione  del  fondo
sperimentale di riequilibrio o del fondo di solidarieta' comunale  in
misura pari all'importo corrispondente allo  scostamento  registrato.
Le province della Regione siciliana e  della  Regione  Sardegna  sono
assoggettate alla riduzione dei trasferimenti erariali  nella  misura
indicata  al  primo  periodo.   Gli   enti   locali   delle   regioni
Friuli-Venezia Giulia e Valle d'Aosta e delle  Province  autonome  di
Trento  e  di  Bolzano  sono  assoggettati  ad  una   riduzione   dei
trasferimenti correnti erogati  dalle  medesime  regioni  o  province
autonome in misura pari all'importo corrispondente  allo  scostamento
registrato. Le riduzioni di cui ai precedenti periodi  assicurano  il
recupero di cui all'art. 9, comma 2, della legge 24 dicembre 2012, n.
243,  e  sono  applicate  nel  triennio  successivo   a   quello   di
inadempienza in quote costanti. In caso di incapienza, per uno o piu'
anni del triennio di riferimento,  gli  enti  locali  sono  tenuti  a
versare all'entrata del bilancio dello  Stato  le  somme  residue  di
ciascuna quota annuale, entro l'anno  di  competenza  delle  medesime
quote, presso la competente sezione di  tesoreria  provinciale  dello
Stato, al capo X dell'entrata del bilancio dello Stato,  al  capitolo
3509, art. 2. In caso di  mancato  versamento  delle  predette  somme
residue nell'anno successivo, il recupero e' operato con le procedure
di cui ai commi 128 e 129 dell'art. 1 della legge 24  dicembre  2012,
n. 228; 
        b) nel triennio successivo la regione o la provincia autonoma
e' tenuta ad effettuare un versamento all'entrata del bilancio  dello
Stato,  di  importo  corrispondente  a  un  terzo  dello  scostamento
registrato, che assicura il recupero di  cui  all'art.  9,  comma  2,
della legge 24 dicembre 2012, n. 243.  Il  versamento  e'  effettuato
entro il 31 maggio di ciascun anno del triennio successivo  a  quello
di inadempienza. In caso di mancato versamento si procede al recupero
di detto scostamento a valere sulle giacenze depositate  a  qualsiasi
titolo nei conti aperti presso la tesoreria statale; 
        c) nell'anno successivo a quello di inadempienza  l'ente  non
puo' impegnare spese correnti, per le regioni al  netto  delle  spese
per la sanita', in misura superiore  all'importo  dei  corrispondenti
impegni dell'anno precedente ridotti dell'1 per cento. La sanzione si
applica  con  riferimento  agli  impegni  riguardanti   le   funzioni
esercitate in entrambi gli esercizi.  A  tal  fine,  l'importo  degli
impegni correnti dell'anno precedente e quello dell'anno  in  cui  si
applica la sanzione sono determinati al netto di  quelli  connessi  a
funzioni non esercitate in entrambi gli esercizi,  nonche'  al  netto
degli  impegni  relativi  ai  versamenti  al  bilancio  dello   Stato
effettuati come contributo alla finanza pubblica; 
        d) nell'anno successivo a quello di inadempienza  l'ente  non
puo' ricorrere all'indebitamento per gli investimenti. Per le regioni
e le Province autonome di Trento e  di  Bolzano,  restano  esclusi  i
mutui gia' autorizzati e non ancora contratti. I mutui e  i  prestiti
obbligazionari  posti  in  essere  con   istituzioni   creditizie   o
finanziarie per il finanziamento degli investimenti o le aperture  di
linee di credito devono essere corredati di apposita attestazione  da
cui risulti il rispetto del saldo di cui  al  comma  466.  L'istituto
finanziatore o l'intermediario  finanziario  non  puo'  procedere  al
finanziamento  o  al  collocamento  del  prestito  in  assenza  della
predetta attestazione; 
        e) nell'anno successivo a quello di inadempienza  l'ente  non
puo' procedere ad assunzioni di personale  a  qualsiasi  titolo,  con
qualsivoglia  tipologia  contrattuale,   compresi   i   rapporti   di
collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche
con riferimento ai processi di  stabilizzazione  in  atto.  E'  fatto
altresi' divieto agli enti di stipulare  contratti  di  servizio  con
soggetti privati che  si  configurino  come  elusivi  della  presente
disposizione. Le regioni, le citta' metropolitane e i comuni  possono
comunque procedere ad assunzioni di personale  a  tempo  determinato,
con contratti di durata massima fino  al  31  dicembre  del  medesimo
esercizio,  necessari  a  garantire  l'esercizio  delle  funzioni  di
protezione civile, di polizia locale, di istruzione  pubblica  e  del
settore sociale nel rispetto del limite di  spesa  di  cui  al  primo
periodo del comma 28 dell'art. 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n.
78, convertito, con modificazioni, dalla legge  30  luglio  2010,  n.
122; 
        f)  nell'anno  successivo  a  quello  di   inadempienza,   il
presidente,  il  sindaco  e  i  componenti  della  giunta  in  carica
nell'esercizio in cui e' avvenuta la violazione sono tenuti a versare
al bilancio dell'ente il 30 per cento delle indennita' di funzione  e
dei gettoni di presenza spettanti nell'esercizio della violazione.». 
    Invece,  il  comma  479,  lettera  a),  relativo  ai   premi   da
riconoscere agli enti che rispettino il principio dell'equilibrio  di
bilancio dispone come segue, senza menzionare  affatto  la  Provincia
autonoma di Trento: 
        «Ai sensi dell'art. 9, comma 4, della legge 24 dicembre 2012,
n. 243, a decorrere  all'anno  2018,  con  riferimento  ai  risultati
dell'anno  precedente  e  a  condizione  del  rispetto  dei   termini
perentori di certificazione di cui  ai  commi  470  e  473:  a)  alle
regioni che rispettano il saldo di cui al comma 466 e che  conseguono
un saldo finale di cassa non negativo  fra  le  entrate  e  le  spese
finali, sono assegnate, con decreto  del  Ministero  dell'economia  e
delle finanze, entro il 30  luglio  di  ciascun  anno,  le  eventuali
risorse incassate dal bilancio dello Stato alla data del 30 giugno ai
sensi  del  comma  475,  lettera  b),  per  essere   destinate   alla
realizzazione di investimenti. L'ammontare delle risorse per ciascuna
regione  e'  determinato  mediante  intesa  in  sede  di   Conferenza
permanente per i rapporti tra lo Stato,  le  regioni  e  le  Province
autonome di Trento e di Bolzano. Le regioni che conseguono  il  saldo
finale di cassa non negativo trasmettono al Ministero dell'economia e
delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato le
informazioni concernenti il monitoraggio al 31 dicembre del saldo  di
cui al comma 466 e  la  certificazione  dei  relativi  risultati,  in
termini di competenza e in termini di  cassa,  secondo  le  modalita'
previste dai decreti di cui al comma 469. Ai fini del saldo di  cassa
rileva l'anticipazione erogata  dalla  tesoreria  statale  nel  corso
dell'esercizio  per  il  finanziamento   della   sanita'   registrata
nell'apposita voce delle partite di giro,  al  netto  delle  relative
regolazioni contabili imputate al medesimo esercizio». 
3. La precedente contestazione condizionata dei commi 475 e  479  nel
quadro dell'impugnazione della legge n. 232 del 2016. 
    I commi 475, lettere a) e b), e in subordine anche il comma  479,
lettera a), erano gia' stati contestati  dalla  ricorrente  Provincia
avanti a codesta Corte costituzionale  nel  quadro  dell'impugnazione
della legge n. 232 del 2016 di cui al ricorso iscritto al n.  20  del
2017. Tuttavia la  contestazione  era  condizionata.  Infatti,  prima
dell'abrogazione della clausola di salvaguardia recata dal comma  483
dell'art. 1  della  medesima  legge  n.  232  del  2016,  la  diretta
applicabilita'  alle  Province  autonome  del  sistema  sanzionatorio
recato dal  comma  475  poteva  in  ipotesi  considerarsi  esclusa  -
nonostante  i  richiami  testuali  -  in  forza  della  clausola   di
salvaguardia di  cui  al  comma  483,  dal  momento  che  questa  era
dichiaratamente rivolta ad impedire l'applicazione dei  commi  475  e
479. 
    In via principale,  infatti,  la  Provincia  autonoma  di  Trento
riteneva  che  il  tenore  del  comma   483   fosse   sufficiente   a
neutralizzare la menzione espressa delle Province autonome nel  corpo
del comma 475. Dunque, nel ricorso avverso la legge n. 232 del  2016,
la contestazione del comma 475 (e in subordine ad essa del comma 479)
era   proposta,   a   fronte   di   una   disciplina   che   appariva
contraddittoria, in subordine ad una interpretazione che direttamente
escludesse la Provincia autonoma di Trento sia dalle sanzioni che dai
premi, ai sensi del comma 483. 
    In forza di tali premesse il ricorso n. 20 del 2017 formulava nel
motivo III le  seguenti  censure,  per  la  denegata  ipotesi  che  i
riferimenti  alle  Province  autonome  contenuti  nel  comma  475  ne
implicassero la  diretta  applicazione,  nonostante  la  clausola  di
salvaguardia di cui al comma 483: 
        al punto III.1, essa lamentava che la diretta  estensione  ai
comuni della Provincia, disposta  dal  comma  475,  lettera  a),  del
meccanismo sanzionatorio previsto per la generalita'  comuni  avrebbe
violato le specifiche responsabilita' e  competenze  della  Provincia
nel governo del sistema locale (fondate sugli articoli 79,  80  e  81
dello Statuto di autonomia, in  particolare  in  materia  di  finanza
locale, e sulle norme di attuazione di cui al decreto legislativo  n.
268 del 1992) e le regole proprie del rapporto tra  fonti  statali  e
fonti provinciali nelle  materie  di  competenza  provinciale,  poste
dall'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992.  Denunciava  poi
la irragionevolezza della disposizione in  riferimento  all'obiettivo
di cui all'art. 9 della legge  n.  243  del  2012,  vale  a  dire  in
raggiungimento dell'equilibrio di bilancio nel triennio successivo; 
        al  punto  III.2,  essa  contestava  l'applicabilita'   delle
sanzioni a se' stessa, denunciando la lettera b) del  comma  475  per
violazione dell'art. 79 dello statuto e dei principi da esso  sanciti
di predeterminazione e di certezza, in forza dei  quali  i  possibili
trasferimenti finanziari dalla Provincia allo Stato sono descritti in
modo esaustivo dallo stesso art. 79, che  da'  luogo  ad  un  sistema
compiuto, il quale non tollera commistioni con  un  diverso  sistema,
sia esso  sanzionatorio  o  finanche  premiale.  Prospettava  poi  la
violazione del principio dell'accordo,  in  ragione  delle  modalita'
unilaterali della determinazione e della riscossione del  prelievo  a
carico della Provincia  autonoma  a  titolo  di  sanzione.  Anche  in
relazione  alla  lettera   b)   deduceva   l'irragionevolezza   della
disposizione, osservando che la misura sanzionatoria dovrebbe  mirare
a recuperare lo  squilibrio,  mentre  l'applicazione  del  meccanismo
afflittivo di cui al comma 475, lettera b), certamente non  migliora,
per l'ente che lo subisce, l'equilibrio tra entrate e uscite; 
        al punto III.3, infine, essa censurava, in via  ulteriormente
subordinata, l'illegittimita' costituzionale dei commi  479,  lettera
a) e 483, primo periodo, nella parte in cui coinvolgono la  Provincia
nel solo sistema sanzionatorio, ma non in quello premiale. Il ricorso
evidenziava come sarebbe discriminatoria ed irragionevole la  pretesa
di sottoporre la Provincia autonoma la sistema sanzionatorio  di  cui
al comma 475, senza consentirle di partecipare al sistema premiale di
cui al comma 479. 
    Il ricorso n. 20/2017 e' chiamato per la discussione  all'udienza
pubblica del 7 marzo 2018. 
4. La necessita' della presente impugnazione. 
    Ove  codesta  ecc.ma  Corte  costituzionale   ritenesse   fondata
l'interpretazione del comma 483 dell'art. 1 della legge  n.  232  del
2016 proposta nel ricorso n. 20/2017, essa  non  avrebbe  ragione  di
pronunciare sulla contestazione condizionata dei commi  475,  lettera
a) e b), e 479, lettera a). 
    Tuttavia, il comma 475 e' resto, quanto alle  lettere  a)  e  b),
sicuramente   applicabili   alla   ricorrente   Provincia    autonoma
dall'abrogazione del comma 483. Essa si  trova  dunque  ora  a  dover
riproporre e sviluppare  parte  delle  censure  di  costituzionalita'
formulate nel ricorso n. 20 del 2016 R.R. e qui  sopra  sintetizzate,
indirizzandole questa volta contro l'art. 1, comma 828,  della  legge
n. 205 del 2017, nella parte in cui esso rende applicabile il sistema
sanzionatorio alla Provincia autonoma  e  ai  comuni  del  territorio
provinciale, senza che tale effetto possa essere escluso  in  via  di
interpretazione delle disposizioni della legge n. 232 del 2016. 
    Quanto al sistema premiale di cui al comma 479 dell'art. 1  della
legge n.  232  del  2016,  ove  l'applicazione  delle  sanzioni  alla
Provincia autonoma e  ai  sui  comuni  fosse  ritenuta  legittima  da
codesta Corte,  esso  dovrebbe  corrispondentemente  estendersi  alla
Provincia: o in via interpretativa, attraverso una lettura  estensiva
del riferimento alle «Regioni» contenuto  nella  disposizione  o,  se
tale interpretazione fosse preclusa dalla lettera della disposizione,
attraverso la dichiarazione di illegittimita' costituzionale. 
 
                               Diritto 
 
I. Interesse al ricorso. 
    La  Provincia  autonoma  di  Trento  ritiene  che   la   presente
impugnazione sia pienamente  sorretta  dall'interesse  ad  agire,  in
quanto la censura e' appuntata sulla norma abrogativa di una clausola
di  salvaguardia,  la  quale  protegge  le  attribuzioni  provinciali
rendendo inapplicabili disposizioni lesive contenute nella  legge  n.
232 del 2016 e tempestivamente impugnate dalla odierna ricorrente. 
    Secondo  la  giurisprudenza  di  codesta  Corte   costituzionale,
infatti,  la  dichiarazione  di  incostituzionalita'  di  una   norma
meramente abrogativa determina la reviviscenza della norma  abrogata,
come affermato da ultimo nella sentenza n. 214  del  2016  (in  senso
conforme si vedano a che le sentenze nn. 13 del 2012 e 218 del 2015). 
    Pertanto, l'annullamento della disposizione abrogatrice determina
la reviviscenza  della  norma  abrogata;  la  quale  norma,  da  sola
(secondo quanto prospettato in principalita' nel ricorso  n.  20  del
2016) ovvero in seguito  all'annullamento  parziale  del  comma  475,
lettere a) e b), della legge n.  232  del  2016  (e  dunque  mediante
l'espunzione dei riferimenti alle Provincie autonome  ivi  contenuti,
sollecitata sempre nel ricorso n. 20 del 2016 condizionatamente  alla
non praticabilita' di una interpretazione conforme della disposizione
in combinato disposto con il comma 485) terrebbe la  Provincia  e  il
suo sistema degli enti locali fuori da  meccanismo  sanzionatorio  (e
premiale) disciplinato dalla legge di bilancio 2017. 
    Cio' premesso, si  illustrano  di  seguito  i  vizi  che  rendono
illegittima la norma impugnata, in  relazione  all'effetto  che  essa
determina di rendere sicuramente applicabile il sistema sanzionatorio
previsto dall'art. 1, comma 475, della legge n.  232  del  2016  agli
enti locali della Provincia autonoma (infra, sub II)  e  alla  stessa
Provincia autonoma (sub III). 
II. Illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 828, nella parte
in cui, abrogando la clausola di salvaguardia contenuta nell'art.  1,
comma  483,  della  legge  n.  232  del  2016,   rende   direttamente
applicabile agli enti locali della Provincia  l'art.  1,  comma  475,
lettera a), nonche' lettere da c) a f) della legge n. 232 del 2016. 
    L'impugnato  comma  828  risulta  costituzionalmente  illegittimo
anzitutto nella parte in cui esso rende le sanzioni di  cui  all'art.
1, comma 475, lettera a), della legge n. 232 del  2016,  direttamente
applicabili agli enti locali  del  Trentino-Alto  Adige  /  Südtirol,
anziche' prevedere che siano le Province autonome a  disciplinare  la
materia, in attuazione - per quanto dovuto - della normativa statale,
in quanto  titolari  della  potesta'  legislativa  primaria  e  della
potesta' amministrativa in materia di finanza locale ai  sensi  degli
articoli 80 e 81, comma 2, dello Statuto (nonche' articoli 17,  18  e
19 del decreto legislativo n. 268  del  1992)  e  delle  funzioni  di
coordinamento finanziario nei confronti degli enti  territoriali  del
sistema  locale  e  le  corrispondenti  funzioni   di   vigilanza   e
sanzionatoria  ai  sensi  dell'art.  79  dello  Statuto.  La  diretta
disciplina costituisce in particolare violazione delle norme  dettate
dall'art. 2 del decreto legislativo n. 266 del 1992 sui rapporti  tra
legge statale e legge provinciale. 
    I medesimi vizi affliggono le altre norme recate  dal  richiamato
comma 475 della legge n. 232 del  2016,  ove  esse  dovessero  essere
ritenute applicabili agli enti locali  della  Provincia  autonoma  in
conseguenza della abrogazione della  clausola  di  salvaguardia.  Se,
infatti, vigente il comma 483, un'applicazione di tali  sanzioni  era
esclusa in forza della inapplicabilita' dell'intero  comma  475,  non
contraddetta da riferimenti  testuali,  ora  le  locuzioni  «comuni»,
«ente», «sindaco» e simili,  che  compaiono  nella  disposizione,  si
prestano a comprendere anche gli enti territoriali della Provincia. 
    Una  simile  estensione  va  tuttora  esclusa,  ad  avviso  della
ricorrente, sulla base  di  elementi  testuali  e  sistematici  e  in
ragione della generale clausola  di  salvaguardia  tuttora  contenuta
nella legge n. 232 del 2016, all'art. 1,  comma  638,  in  forza  del
quale «le disposizioni della presente legge si applicano alle regioni
a statuto speciale e alle Province autonome di Trento  e  di  Bolzano
compatibilmente con i rispettivi  statuti  e  le  relative  norme  di
attuazione,  anche  con  riferimento  alla  legge  costituzionale  18
ottobre 2001, n. 3». 
    Ove tuttavia  si  ritenessero  prevalenti  gli  indizi  in  senso
opposto, e dunque applicabile agli enti locali trentini la disciplina
di cui ai commi 475, lettere c), d),  e)  ed  f),  quale  conseguenza
della abrogazione del comma 483, anche tale  applicazioni  violerebbe
le  regole  e   i   parametri   sopra   indicati,   con   conseguente
illegittimita' costituzionale, per le ragioni di seguito esposte 
    Se ne  ricorda  in  primo  luogo  il  contenuto,  per  quanto  di
interesse della Provincia autonoma di Trento. Premesso che l'art.  1,
comma 475, lettera a), della legge n. 232 del 2016  prevede  che  gli
enti  locali  ricadenti  nel  suo  territorio   siano   privati   dei
trasferimenti correnti erogati dalla  Provincia  medesima  in  misura
parti all'importo del saldo  negativo,  il  comma  475,  lettera  c),
stabilisce per l'anno successivo a quello di inadempienza un divieto,
per  l'ente,  di  impegnare  spese  correnti  in   misura   superiore
all'importo dei corrispondenti impegni dell'anno  precedente  ridotti
dell'I per cento; la lettera d), prescrive che nell'anno successivo a
quello di inadempienza l'ente non possa  ricorrere  all'indebitamento
per gli investimenti (per le regioni e le Province autonome di Trento
e di Bolzano restano esclusi i mutui gia' autorizzati  e  non  ancora
contratti), e che i mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere
con istituzioni creditizie o finanziarie per il  finanziamento  degli
investimenti  o  le  aperture  di  linee  di  credito  devono  essere
corredati di apposita attestazione da cui  risulti  il  rispetto  del
saldo di cui al comma 466; la  lettera  e)  vieta,  sempre  nell'anno
successivo a quello del saldo di  bilancio  negativa,  ogni  tipo  di
assunzione  di  personale,  compresi  i  rapporti  di  collaborazione
coordinata  e  continuativa  e   di   somministrazione,   anche   con
riferimento ai processi di stabilizzazione in atto, salvi i contratti
a tempo determinato, di  durata  massima  fino  al  31  dicembre  del
medesimo esercizio, necessari a garantire l'esercizio delle  funzioni
di protezione civile, di polizia locale, di istruzione pubblica e del
settore sociale nel rispetto del limite di  spesa  di  cui  al  primo
periodo del comma 28 dell'art. 9 del decreto-legge 31 maggio 2010, n.
78, convertito, con modificazioni, dalla legge  30  luglio  2010,  n.
122; la lettera f), infine  stabilisce  che  nell'anno  successivo  a
quello di inadempienza, il presidente,  il  sindaco  e  i  componenti
della  giunta  in  carica  nell'esercizio  in  cui  a'  avvenuta   la
violazione sono tenuti a versare al  bilancio  dell'ente  il  30  per
cento  delle  indennita'  di  funzione  e  dei  gettoni  di  presenza
spettanti nell'esercizio della violazione. 
    Tali  norme  sono  incompatibili  con  l'assetto  di   competenze
delineato dallo Statuto e dalle norme di attuazione. 
    Infatti, l'art. 80 dello Statuto, dispone  al  comma  1  che  «le
province hanno competenza legislativa in materia di finanza locale» e
al comma 4 precisa che tale competenza «e'  esercitata  nel  rispetto
dell'art. 4 e  dei  vincoli  derivanti  dall'ordinamento  dell'Unione
europea», configurando, dunque, una potesta' legislativa primaria  in
questa materia. 
    Questa competenza legislativa primaria e  le  parallele  funzioni
amministrative (art. 16 dello Statuto) - gia' parzialmente anticipata
dagli articoli 17, 18 e 19 delle norme di attuazione (d.lgs. 268  del
1992)  -  sono  integrati  dal  riconoscimento  statutario   di   una
responsabilita' generale ed esclusiva della Provincia autonoma per la
finanza locale, nei  termini  descritti  dall'art.  79  e  completati
dall'art. 81 dello stesso Statuto. 
    L'art. 79, comma  3,  dispone  che  «le  province  provvedono  al
coordinamento della finanza pubblica provinciale, nei confronti degli
enti locali», e che «al fine di conseguire gli obiettivi  in  termini
di saldo netto da finanziare previsti in capo  alla  regione  e  alle
province  ai  sensi  del  presente  articolo,  spetta  alle  province
definire i concorsi e gli  obblighi  nei  confronti  degli  enti  del
sistema   territoriale   integrato   di    rispettiva    competenza».
Corrispondentemente, le province «vigilano sul  raggiungimento  degli
obiettivi di finanza pubblica da parte degli enti di cui al  presente
comma e, ai fini del monitoraggio  dei  saldi  di  finanza  pubblica,
comunicano al Ministero dell'economia e delle finanze  gli  obiettivi
fissati  e  i  risultati   conseguiti»:   e'   dunque   espressamente
riconosciuta, in capo alle Province autonome, la stessa  funzione  di
vigilanza sulla finanza degli enti locali. 
    Alla titolarita' di tali competenze si accompagna la  titolarita'
della competenza sanzionatoria, trattandosi,  secondo  l'insegnamento
di codesta Corte costituzionale, di una  competenza  accessoria,  che
segue quella principale. 
    Chiude e completa il  sistema  il  comma  4  dell'art.  79.  Esso
stabilisce che, nei confronti «degli  enti  appartenenti  al  sistema
territoriale regionale integrato non  sono  applicabili  disposizioni
statali  che  prevedono  obblighi,  oneri,  accantonamenti,   riserve
all'erario  o  concorsi  comunque  denominati,  ivi  inclusi   quelli
afferenti il patto di stabilita' interno, diversi da quelli  previsti
dal presente titolo», e ribadisce che «le  province  provvedono,  per
se' e per gli enti del sistema territoriale  regionale  integrato  di
rispettiva competenza, alle finalita' di coordinamento della  finanza
pubblica  contenute  in  specifiche  disposizioni  legislative  dello
Stato, adeguando, ai sensi dell'art. 2  del  decreto  legislativo  16
marzo 1992, n. 266, la propria legislazione ai  principi  costituenti
limiti ai sensi degli articoli 4 o 5, nelle materie individuate dallo
Statuto». 
    La disposizione da ultima citata espressamente richiama l'art.  2
del decreto legislativo n. 266 del 1992, con cio' escludendo  che  un
potere statale di immediata e diretta  disciplina  nelle  materie  di
competenza provinciale, spettando invece alla Provincia, come  appena
ricordato, un potere-dovere di adeguamento della normativa, in quanto
questo sia dovuto. 
    Guardando il sistema statutario nel suo  complesso  risulta  che,
per quanto riguarda la regolazione della finanza locale, l'intento e'
quello di individuare nelle Province di Trento e di Bolzano i vertici
del sistema locale, e lo snodo obbligato  con  il  sistema  normativo
dello Stato. 
    L'art. 1, comma  828,  nella  parte  in  cui  rende  direttamente
applicabile l'art. 1,  comma  475,  della  legge  n.  232  del  2016,
contraddice dunque  frontalmente  la  competenza  della  Provincia  a
regolare la finanza  locale,  nell'osservanza  dei  limiti  derivanti
dalla Costituzione e dalle norme di grande  riforma  dello  Stato;  a
vigilare sul rispetto, da parte degli enti locali, degli obblighi  di
bilancio; a regolare le relative sanzioni. 
    Tali competenze sono sempre esercitate dalla Provincia  autonoma,
fin dalla legge provinciale  15  novembre  1993,  n.  36,  «Norme  in
materia di finanza locale» e dalle  specifiche  norme  contenute  ora
mano a mano nelle leggi di bilancio, e  in  particolare  nell'art.  8
della  legge  provinciale  27   dicembre   2010,   n.   27,   recante
«Disposizioni  per  la  formazione  del  bilancio  annuale   2011   e
pluriennale 2011-2013  della  Provincia  autonoma  di  Trento  (legge
finanziaria provinciale 2011)», che disciplina anche  monitoraggio  e
sanzioni. 
    La norma impugnata contraddice, altresi',  le  modalita'  con  le
quali la legge statale espressiva di  limiti  statutari  opera  nelle
materie di competenza delle Province autonome, modalita' che  secondo
quanto sancisce l'art. 2 del decreto  legislativo  n.  266  del  1992
consistono nella prescrizione di un vincolo a carico del  legislatore
provinciale e non nella disciplina diretta del fenomeno. 
    Tale vizio, come si e' detto,  sussiste  sia  in  relazione  alla
lettera a), sia in relazione alle successive lettere c),  d),  e)  ed
f),   che   prescrivono   norme   dettagliate   ed   autoapplicative,
rispettivamente in punto di riduzione  degli  impegni  di  spesa,  di
limiti al ricorso all'indebitamento,  di  divieti  di  assunzione  di
personale  e  di  sanzioni  a  carico  degli  amministratori,   tutte
teleologicamente orientate al controllo della finanza locale. 
    Tali  disposizioni,  per   essere   ricondotte   a   legittimita'
costituzionale, dovranno percio' essere  intese  come  espressive  di
norme dirette  al  legislatore  provinciale  e  per  esso  vincolanti
limitatamente al loro contenuto di grande riforma. 
    La sanzione di cui alla  lettera  a)  risulta  costituzionalmente
illegittima anche sotto un distinto profilo. 
    A differenza delle sanzioni previste nelle lettere da  c)  ad  f)
del comma 475 della legge n. 232 del 2016, che sono contenitive della
spesa dell'ente  territoriale  responsabile  della  approvazione  del
bilancio con saldo negativo, la sanzione prevista dalla lettera b) ha
natura pecuniaria e carattere automatico; la  sua  irrogazione  rende
quindi oggettivamente piu' difficile, per l'ente che ne  e'  colpito,
raggiungere l'obiettivo di bilancio. 
    Tale forma di sanzione  e'  di  per  se'  irragionevole,  perche'
colpisce in modo generalizzato una situazione di dissesto di bilancio
- indipendentemente dalle cause che hanno generato il saldo  negativo
- non riducendo, ma aumentando le spese. 
    Oltre a cio', e'  la  sanzione  e'  specificamente  irragionevole
rispetto all'obiettivo prescritto dall'art. 9, comma 2,  che  obbliga
l'ente che registri un valore negativo del saldo ad  adottare  misure
di correzione tali da  assicurarne  il  recupero  entro  il  triennio
successivo, in quote  costanti,  in  coerenza  con  il  principio  di
equilibrio di bilancio stabilito sancito  dagli  articoli  81  e  97,
primo comma, Cost. 
    Tale obiettivo di rientro e' ostacolato, anziche'  agevolato,  da
una sanzione  che  sottrae  coattivamente  risorse  all'ente  locale,
anziche' agire sul versante della riduzione delle spese (come  fanno,
invece, le altre sanzioni previste dal comma 475). 
    Di qui la violazione  del  principio  di  ragionevolezza  di  cui
all'art. 3 Cost., del principio di equilibrio di  bilancio  (articoli
81 e 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost. e dello  stesso  art.
9, comma 2, della  legge  n.  243  del  2012  con  lesione  indiretta
dell'art  81,  sesto  comma,  Cost.  e  dell'art.   5   della   legge
costituzionale n. 1 del 2012, che costruiscono tale fonte come  legge
rinforzata. 
    Ne' varrebbe obiettare che il  principio  della  proporzionalita'
fra sanzioni e violazioni, stabilito dallo stesso art. 9, al comma 4,
lettera b), della legge n. 243 del 2012 potrebbe dare copertura  alla
previsione di sanzioni pecuniarie rapportate al saldo negativo. 
    A tale obiezione, infatti, e' agevole replicare,  anzitutto,  che
qualunque sia il senso del richiamo alla proporzionalita' - principio
che solitamente preclude ogni forma di automatismo -  esso  non  puo'
arrivare a legittimare un meccanismo  sanzionatorio  che  frustra  le
finalita' stesse che l'art. 5 della legge  costituzionale  n.  1  del
2012 assegna alla legge rinforzata ex art. 81,  sesto  comma,  Cost.,
tanto piu' che se si pone mente al fatto che la logica  e  lo  stesso
lessico  sanzionatori  sono  del   tutto   sconosciuto   alla   legge
costituzionale n. 1 del 2012. 
    In secondo luogo, la legge n. 243 del 2012,  non  puo'  prevalere
rispetto al parametro statutario, almeno nelle parti  modificate  per
effetto della revisione del 2014 dello statuto speciale, avvenuta  ai
sensi dell'art. 104 dello  Statuto  stesso.  Questo  punto  e'  stato
chiarito  dalla  sentenza  n.  237  del   2017   di   codesta   Corte
costituzionale, la quale al punto 7 ha sancito che «i commi  4-bis  e
4-ter dell'art. 79 dello Statuto speciale hanno rango  costituzionale
e su questo stesso piano va posto anche l'art. 1,  comma  410,  della
legge n. 190 del 2014, essendo stato approvato ai sensi dell'art. 104
dello Statuto speciale, come risulta espressamente dall'art. 1, comma
406, della legge n. 190 del 2014» e ricorda che «queste  disposizioni
sono successive alla legge costituzionale n. 1 del  2012  e  regolano
specificamente il concorso della Regione autonoma  e  delle  Province
autonome al pagamento degli oneri  del  debito  pubblico».  Per  tali
ragioni codesta Corte ha concluso che l'art. 4 della legge n. 164 del
2016 deve essere inteso in  modo  compatibile  con  lo  Stato  ed  ha
aggiunto che «la legge ordinaria prevista dall'art. 12 della legge n.
243 del 2012 non potra' dunque introdurre diverse e  ulteriori  forme
di contributo della regione e delle province». 
    Per le stesse ragioni,  dunque,  l'art.  9,  comma  4,  novellato
dall'art. 1, comma 1, lettera e), della legge n.  164  del  2014  non
potrebbe autorizzare una comune legge ordinaria, qual e' la legge  n.
205 del 2017, a derogare  agli  articoli  79  ed  80  dello  Statuto,
potendo tali disposizioni essere modificare soltanto nelle  forme  di
cui agli articoli 103 e 104 dello Statuto stesso. 
III. Illegittimita' costituzionale  dell'art,  1,  comma  828,  della
legge n. 205 del 2017, nella parte in cui, abrogando la  clausola  di
salvaguardia contenuta nell'alt 1, comma 483, della legge n. 232  del
2016, rende direttamente applicabile alla Provincia  autonoma  l'art.
l, comma 475, lettera b) e lettere da c) a f), della legge n. 232 del
2016. 
    Il comma 475, lettera b), dell'art. 1 della legge n. 232 del 2016
dispone come segue: 
    «ai sensi dell'art. 9, comma 4, della legge 24 dicembre 2012,  n.
243, in caso di mancato conseguimento del saldo di cui al  comma  466
del presente articolo: [ ...] b) nel triennio successivo la regione o
la  provincia  autonoma  e'  tenuta  ad  effettuare   un   versamento
all'entrata del bilancio dello Stato, di importo corrispondente a  un
terzo dello scostamento registrato, che assicura il recupero  di  cui
all'art. 9, comma 2,  della  legge  24  dicembre  2012,  n.  243.  Il
versamento e' effettuato entro il  31  maggio  di  ciascun  anno  del
triennio successivo a quello di  inadempienza.  In  caso  di  mancato
versamento si procede al recupero di detto scostamento a valere sulle
giacenze depositate a qualsiasi titolo nei  conti  aperti  presso  la
tesoreria statale». 
    Nonostante il suo tenore  letterale,  la  non  applicazione  alla
ricorrente Provincia dell'intero comma  475,  e  dunque  anche  della
lettera b) ora citata,  era  assicurata  dalla  clausola  derogatoria
recata dal successivo comma 483. L'abrogazione  di  tale  comma  483,
disposta  dalla  norma  impugnata,  rende  sicuramente  «attivo»   il
riferimento alla Provincia autonoma contenuto nel comma 475,  lettera
b), sicche' e' necessario riproporre l'impugnazione gia'  svolta,  ma
in via meramente cautelativa, nel ricorso n. 20 del  2017  (al  punto
III.2) avverso il  suo  inserimento  nello  specifico  e  determinato
sistema di sanzioni previsto da tale comma. 
    Nello stesso tempo, la Provincia autonoma deve contestare, sempre
in via prudenziale, anche le successive lettere da  c)  ad  f),  gia'
riportate  al  punto  precedente,  per  l'ipotesi  che   esse   siano
considerate applicabili alla Provincia autonoma. 
    Tali  applicazioni  sono   costituzionalmente   illegittime   per
contrasto con l'Accordo trasfuso  nell'art.  79  dello  Statuto,  con
l'autonomia finanziaria ed organizzativa della Provincia, nonche' con
il decreto legislativo n. 266 del 1992. 
    Il comma 475, lettera b), dell'art. 1  della  legge  n.  232  del
2016, infatti, contrasta con il principio di predeterminazione  e  di
certezza, sancito nell'Accordo dell'ottobre 2014 e trasfuso nell'art.
79 dello Statuto. In forza di tale principio,  che  e'  a  fondamento
dell'intero  «Accordo  di  garanzia»,   i   possibili   trasferimenti
finanziari  dalla  Provincia  allo  Stato  sono  descritti  in   modo
esaustivo  dallo  stesso  art.  79,  secondo   quando   espressamente
affermato nel comma 1 e ribadito dal comma 2, che riafferma  che  «le
misure di cui al comma 1 possono essere modificate esclusivamente con
la procedura prevista  dall'art.  104  e  fino  alla  loro  eventuale
modificazione costituiscono il concorso  agli  obiettivi  di  finanza
pubblica». 
    Espressamente, inoltre, il comma 4 dell'art. 79 dispone che  «nei
confronti della regione e delle province e degli enti appartenenti al
sistema  territoriale  regionale  integrato  non   sono   applicabili
disposizioni statali che prevedono obblighi,  oneri,  accantonamenti,
riserve all'erario o concorsi comunque denominati, ivi inclusi quelli
afferenti il patto di stabilita' interno, diversi da quelli  previsti
dal presente titolo». 
    Infine, il comma 4-quater  dispone  che  «a  decorrere  dall'anno
2016, la regione e le province conseguono il  pareggio  del  bilancio
come definito dall'art. 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243»  (nel
testo  allora  vigente),  con  la  precisazione,  posta   dal   comma
4-quinquies,  che  «restano  ferme  le  disposizioni  in  materia  di
monitoraggio, certificazione e sanzioni previste dai commi 460, 461 e
462 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228». 
    La possibilita' di una applicazione alla Provincia autonoma di un
rigido sistema di sanzioni predefinito dalla  legge  statale  in  via
unilaterale si pone in contrasto con le disposizioni statutarie sopra
menzionate e  con  lo  stesso  principio  dell'accordo  che  regge  i
rapporti finanziari  tra  Provincia  e  Stato,  principio  che  trova
fondamento  negli  articoli  104  e  107  dello  Statuto  e  conferma
legislativa nell'art. 27 della legge n. 42 del 2009; oltre ad  essere
incompatibile   con   la   complessiva    autonomia    costituzionale
riconosciuta alla Provincia  dallo  Statuto,  che  esclude  forme  di
supremazia statale non direttamente fondate in norme  costituzionali,
e in particolare forme di  supremazia  che,  consistendo  nel  potere
unilaterale di sanzionare e di  portate  ad  esecuzione  la  sanzione
(cfr. l'ultimo periodo della lettera a  del  comma  474),  ledono  l'
autonomia finanziaria e lo stesso ammontare delle  risorse  garantite
dallo Statuto di autonomia. 
    In ordine a tale profilo va rammentato nuovamente  che  la  legge
costituzionale n. 1 del 2012 si limita a prescrivere a tutti gli enti
costitutivi della Repubblica (art. 119, primo comma, Cost., che non a
caso ribadisce la «autonomia finanziaria di entrata e  di  spesa»  di
tali enti, «nel rispetto dell'equilibrio  dei  relativi  bilanci»)  e
alle altre amministrazioni pubbliche (art. 97, primo comma, Cost.) un
obbligo di equilibrio di  bilancio,  senza  affatto  attribuire  allo
Stato una qualsivoglia competenza sanzionatoria nei  confronti  delle
Province autonome: sicche' la relazione dello Stato, cui pure  spetta
un indiscusso ruolo  di  coordinamento  e  di  garante  finale  della
finanza  pubblica,  con  gli   enti   ad   autonomia   costituzionale
differenziata come le  Province  autonome  rimane  costituzionalmente
governata  dall'imperativo  della  leale  collaborazione  (art.  120,
secondo comma, Cost.),  principio  qui  leso  dalla  introduzione  di
poteri unilaterali e suscettibili di  attuazione  coattiva  da  parte
dello Stato. 
    Specificamente  lesiva,  sotto  tale  ultimo   profilo,   e'   la
disposizione finale del comma 475, lettera b), secondo la  quale  «in
caso di mancato versamento» degli importi  previsti  «si  procede  al
recupero di detto scostamento a valere sulle  giacenze  depositate  a
qualsiasi titolo nei conti aperti presso la tesoreria statale». 
    Tale norma, infatti, ad avviso della Provincia ricorrente,  viola
il principio di leale collaborazione e dell'accordo, consentendo allo
Stato non solo di determinare unilateralmente il se e il  quanto  del
presunto debito, ma  addirittura  di  intestare  direttamente  a  se'
stesso le somma in questione, sottraendole alla ricorrente  Provincia
alla quale spettano per determinazione dello  Statuto,  approfittando
del fatto che esse si trovino - a qualsiasi titolo, e cioe' anche per
ragioni meramente contabili - presso la tesoreria statale.  Per  tale
ragione una  simile  sottrazione,  in  assenza  di  qualunque  giusto
procedimento,  viola  altresi'  le  regole  di  base   dell'autonomia
finanziaria garantita dagli articoli 70 e seguenti dello Statuto. 
    Anche  in  relazione  alla  ricorrente  Provincia,  si  deve  poi
denunciare l'assoluta incongruita' e irragionevolezza del nesso,  che
il comma 475 cerca di instaurare, tra il meccanismo sanzionatorio del
versamento per tre armi di un terzo dell'importo dello scostamento  e
i fini e la disposizione dell'art. 9, comma 2, della legge n. 243 del
2012.  Questa,  infatti,  richiede  che  siano  previste  «misure  di
correzione  tali  da  assicurarne  il  recupero  entro  il   triennio
successivo»:  misure  di  correzione  che  portano  a  recuperare  lo
squilibrio, e che nulla hanno a che fare con il meccanismo afflittivo
di cui al comma 475, lettera b), la cui applicazione sicuramente  non
migliora, per l'ente che  lo  subisce,  l'equilibrio  tra  entrate  e
uscite. 
    Di qui la violazione dell'art. 3 Cost. e dell'art.  9,  comma  2,
della legge n. 243 del  2012,  con  violazione  dell'art.  81,  sesto
comma, e dell'art. 5 della legge costituzionale n. 1 del 2012. 
    Per l'ipotesi in cui l'abrogazione della clausola di salvaguardia
di cui al comma 483  rendesse  applicabile  alla  Provincia  autonoma
l'intero comma 475, e dunque anche le lettere c), d)  e)  ed  f),  la
Provincia deve  contestare  la  violazione  della  propria  autonomia
finanziaria garantita dal Titolo VI, agli articoli 70 e  seguenti,  e
segnatamente del potere di coordinare la  propria  finanza  pubblica,
sia pure nei limiti derivanti dalla legislazione statale suscettibile
di esprimere limiti ai sensi degli articoli 3 e 4 dello  Statuto:  si
richiama, in particolare, l'art. 79, commi 3 e 4, per  cui  fermo  il
coordinamento finanziario dello Stato ai sensi  dell'art.  117  Cost.
«le province  provvedono  al  coordinamento  della  finanza  pubblica
provinciale» e «la regione e le province provvedono, per  se'  e  per
gli enti del sistema territoriale regionale integrato  di  rispettiva
competenza, alle finalita' di coordinamento  della  finanza  pubblica
contenute  in  specifiche  disposizioni  legislative   dello   Stato,
adeguando, ai sensi dell'art. 2  del  decreto  legislativo  16  marzo
1992, n. 266, la propria legislazione ai principi costituenti  limiti
ai sensi degli articoli  4  o  5,  nelle  materie  individuate  dallo
Statuto,   adottando,   conseguentemente,    autonome    misure    di
razionalizzazione e contenimento della spesa». 
    Le norme di cui al comma 475, lettere c) e d), infatti,  incidono
immediatamente sul versante della spesa, limitando gli impegni  e  le
spese di investimento, senza lasciare alla Provincia  il  compito  di
recepirne l'eventuale  contenuto  di  principio  tramite  la  propria
legislazione, come invece prevede l'art. 2 del decreto legislativo n.
266 del 1992, anch'esso violato dalla  previsione  di  applicabilita'
diretta. 
    Ancora,  direttamente  lesive  della  autonomia  provinciale   in
materia di organizzazione degli uffici  e  del  personale  regionale,
garantita dall'art. 8, numero 1, e 16 dello Statuto, sono le norme di
cui alla lettera e), relativa al divieto di assunzione di  personale,
e  alla  lettera  f),  relativa  all'obbligo  di   versamento   delle
indennita'   e   dei   gettoni   di   presenza   riconosciuti    agli
amministratori. 
    Anche in questo caso e' violato l'art. 2 del decreto  legislativo
n. 266 del 1992. 
IV. In subordine. Illegittimita' costituzionale  dell'art.  1,  comma
828, della legge n. 205 del 2017, nella parte in  cui,  abrogando  la
clausola di salvaguardia contenuta  nell'art.  1,  comma  483,  della
legge n. 232 del 2016, rende applicabile alla Provincia  autonoma  il
sistema delle sanzioni di cui all'art. 1, comma 475, della  legge  n.
232 del 2016 senza ricomprenderla nel sistema dei  premi  di  cui  al
comma 479. 
    Come sopra esposto, la ricorrente Provincia ritiene non  conforme
allo  Statuto  di  autonomia  il  proprio  inserimento  nel   sistema
sanzionatorio specificamente disciplinato dal comma 475  dell'art.  1
della legge n. 232 del 2016. 
    Sembra  tuttavia  evidente   che,   ove   in   denegata   ipotesi
l'applicazione ad essa di tali sanzioni fosse ritenuta  legittima  da
codesta   Corte,   anche    il    sistema    dei    premi    dovrebbe
corrispondentemente estendersi  alla  Provincia,  pena  il  carattere
discriminatorio della non applicazione e la violazione del  principio
di proporzionalita' tra premi e sanzioni. 
    In estremo subordine, percio', la Provincia  autonoma  di  Trento
chiede che sia dichiarato incostituzionale l'art. 1, comma 828, della
legge n. 205 del 2017, nella parte in cui, abrogando la  clausola  di
salvaguardia contenuta nell'art. 1, comma 483, della legge n. 232 del
2016, rende applicabile alla  Provincia  autonoma  il  sistema  delle
sanzioni di cui all'art. 1, comma 475, della legge n.  232  del  2016
senza comprendere, nel comma 479, la Provincia stessa nel sistema dei
premi,  ove  a  tale  risultato  non   potesse   giungersi   in   via
interpretativa, attraverso una lettura estensiva del riferimento alle
«Regioni» contenuto nella disposizione.